Voi conoscete la grazia del nostro signore Gesù Cristo
il quale, essendo ricco, si è fatto povero per voi, affinché mediante la sua
povertà, voi poteste diventare ricchi... La vostra abbondanza supplisca
altresì al loro bisogno, affinché ci sia uguaglianza

(2 Corinzi 8,9.14)

 

Care sorelle e cari fratelli,

in questo passo biblico l’apostolo Paolo si rivolge alla comunità di Corinto per convincerla a partecipare alla sua colletta per Gerusalemme. Paolo in qualche modo è il fondatore della colletta nel Cristianesimo. Lui introduce l’aiuto economico reciproco nelle prime comunità, ma non solo, lui con la colletta cerca di mettere in pratica un aspetto dell’etica che Gesù stesso aveva proposto nella sua vita e nella sua predicazione. Si può dire che Paolo con la colletta sviluppa un modello economico Cristiano – un modello che si fonda sull’uguaglianza. E` sull’impegno dell’apostolo che si fonda la tradizione per noi diventata da tanto tempo abitudine e che ripetiamo durante i nostri culti domenicali. Paolo però ancora non poteva fondarsi su una tradizione con una storia di quasi 2000 anni. Quello che Paolo 50 anni dopo Cristo faceva era letteralmente e praticamente di chiedere soldi. Anche se Paolo esprimeva la domanda per altri, per i fratelli a Gerusalemme, rimaneva a lui il dovere di chiedere.

Trovarsi nella situazione di dover chiedere soldi metterebbe in imbarazzo una gran parte di persone nella nostra società, perché nella nostra cultura spesso la situazione economica conta come segno del successo personale. In essa il denaro ci garantisce la nostra libertà di scelta come individui, il denaro garantisce la possibilità di partecipare al divertimento e a tanti beni della nostra società. Non averne in modo sufficiente viene considerato un fallimento personale, fallimento che per la vita reale significa spesso anche rimanere escluso, non poter partecipare in pieno alla vita e a volte significa non poter soddisfare i bisogni fondamentali. La nostra situazione economica influenza in modo importante come si svolge la nostra vita a livello pratico ed emotivo.

Il legame fra individuo, libertà, e denaro viene espresso in modelli come quello del “homo economicus”. Si tratta di una teoria su come l’essere umano prende decisioni economiche. Egli persegue come obiettivo la massimizzazione del suo proprio benessere e cerca la più efficace ed economicamente più conveniente soddisfazione dei suoi bisogni personali. “L’homo economicus” è legato agli altri uomini non tramite un fondamento etico condiviso, egli non appare come parte di una comunità di esseri umani, invece è legato solo al comune desiderio di massimizzare il proprio benessere. “L’homo economicus” certamente non descrive le persone come sono in realtà o come agiscono realmente nella nostra società, invece “l’homo economicus” per fortuna è solo una teoria, però è una teoria molto potente e fondamento di tanti modelli economici che influiscono sulla nostra realtà sociale.

 

In un tale modello la richiesta di denaro può essere percepita come un tentativo illegittimo di usufruire del successo e della felicità personale dell’altro. Basandosi sull’individualismo la richiesta di denaro può essere o semplicemente negata o consentita in un atto di altruismo. Sia nel rifiuto sia nell’accettazione si esprime però una gerarchia che si fonda sulla separazione e disuguaglianza fra chi possiede e chi non possiede niente.

Tuttavia quello che Paolo chiede alla comunità a Corinto sembra essere completamente diverso. Il modello che propone lui ha come esempio Gesù Cristo: “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.” La richiesta di Paolo va oltre il discorso socio-economico. La richiesta di denaro non coinvolge la comunità a Corinto solo a livello materiale, ma anche a livello etico.

Un aspetto etico si trova più o meno sviluppato anche in ogni nostra richiesta: in essa si esprimere un bisogno personale che viene indirizzato a un’altra persona. Ogni richiesta rende visibile un bisogno che può essere di natura economica, materiale o emotiva. In essa viene alla luce che abbiamo bisogno dell’altro che non siamo esseri indipendenti. Nella richiesta viene alla luce che come essere umani siamo vulnerabili, per questo dietro alla richiesta di aiuto spesso si nasconde una grande paura umana e una grande speranza, quella di essere accettati per come siamo, con i nostri bisogni e limiti.

Per Paolo l’atto di dare e ricevere diventa il luogo di incontro fra le due comunità, il luogo in cui si crea un legame fra Gerusalemme e Corinto. Al centro di questo legame non sta la logica dell’economia che separa gli esseri umani in quelli che possiedono e quelli che richiedono, potenti ed impotenti, poveri e ricchi. Al centro di questo legame sta l’uguaglianza. L’uguaglianza che intende Paolo fa parte dell'etica di Gesù Cristo, è l’etica che esprimeva in primo luogo nel suo sermone sul monte. In Matteo 5,6 nelle beatitudini Gesù dice “Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati.” In questa beatitudine anche Gesù crea un legame fra bisogni fisici come la fame e la sete e un concetto etico – quello della giustizia. Paolo non usa la parola giustizia. La parola greca da Paolo usata è il sostantivo isotes che esprime l’uguaglianza fra uomini sia a livello politico sia a livello etico. Io credo che Paolo cercasse tramite il termine uguaglianza di applicare la giustizia di Gesù alla convivenza nella comunità cristiana. In un certo senso si potrebbe dire che Paolo con la colletta ha sviluppato il primo modello economico che si fonda sull’etica di Gesù. L’obiettivo di questa etica non è un imperativo morale che sottomette gli individui a un altruismo obbligato. Paolo non crea né una immagine positiva del sacrificio né l’obbligo di dedicarsi completamente al destino dell’altro invece per Paolo come per Gesù esiste una radicale uguaglianza fra tutti gli esseri umani a prescindere. L’uguaglianza non è un principio astratto come quello “dell’homo economicus” – è invece un principio che si realizza in modo concreto, è un principio che si interessa dell’altro, che si interessa alle condizioni in cui una persona deve vivere in un momento concreto.

“Nelle attuali circostanze” dice Paolo al versetto 14 “la vostra abbondanza supplisca altresì al vostro bisogno, affinché ci sia uguaglianza”. Il principio etico espresso nell’uguaglianza vale per tutti e sostituisce ogni gerarchia prestabilita. Forse si potrebbe dire che questo principio vive proprio nelle richiesta stessa, nella richiesta in cui viene alla luce che come esseri umani siamo inevitabilmente vulnerabili e bisognosi. L’uguaglianza non nega la realtà del mondo umano, ma la mette accanto a un’altra realtà - quella che viene chiamato il mondo nuovo o il Regno di Dio. Amen.

Sara Heinrich


 


 

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