"Voi avevate pensato del male contro di me, ma Dio ha pensato di convertirlo in bene per conservare in vita un popolo numeroso”. (Genesi 50,20)

 

Care sorelle e cari fratelli,

la storia di Giuseppe è una delle più belle storie della Bibbia (Genesi 37-50). E' una storia laica: il narratore non nomina mai Dio, lo fanno solo, a volte, alcuni personaggi, di passaggio, senza enfasi. Questo approccio si avvicina molto a come noi viviamo la nostra vita: viviamo per lo più come se Dio non esistesse, poi a volte ce ne ricordiamo, e nella maggior parte dei casi ci chiediamo: “perché Dio permette che questo succeda?”

Questa domanda risuona anche nel momento attuale. E' giusto tirare in ballo Dio quando le cose non vanno come vorremmo? Sono le nostre scelte, individuali e collettive, a determinare ciò che accade o è il piano di Dio a stabilirlo? L'autore della storia di Giuseppe risponde: Dio ha un suo piano, il quale ingloba, orienta, dà il senso ultimo ai piani umani. Anzi, Dio arriva al punto di utilizzare le azioni malvagie degli esseri umani per provocare degli effetti positivi. Certo, quest'affermazione è più facile crederla nei momenti di successo che in quelli di sventura. Ma è possibile avere fiducia in Dio e nella sua capacità di includere le nostre azioni segnate dal peccato nel suo progetto di salvezza. E che forza ci dà questa fede, anche e specialmente nei momenti più difficili!
Se questa è la nostra fede, la nostra vita sarà impostata sulla base di una miscela di realismo e di fiducia in Dio. Il realismo da solo può portare alla disperazione (“abbiamo costruito un mondo troppo vulnerabile, la pandemia ci distruggerà”), oppure al cinismo (“inutile lamentarsi, stiamo raccogliendo i frutti del nostro modello di sviluppo”). Ma la fiducia da sola può portarci a perdere il contatto col mondo (“inutile darsi da fare, solo Dio può salvarci dalla pandemia”). La combinazione dei due è invece saggia ed efficace, ed è alla nostra portata. Questa è la vita da credente. Stiamo vivendo una situazione drammatica, che è stata favorita da una serie di scelte umane (ad es. un’assistenza sanitaria indebolita e ingiustamente distribuita), Dio non interverrà per risolvere il problema con una bacchetta magica, ma ci accompagna nelle situazioni più drammatiche (pensiamo a chi in queste settimane muore in solitudine) e ci dà la forza di fare la nostra parte contenendo il contagio, curando i malati, mantenendo vive relazioni solidali e vivificanti.
La conclusione della storia di Giuseppe (Gen. 50,15-21) ci offre due esempi di cosa può fare chi coniuga realismo e fiducia in Dio. Innanzitutto può perdonare. Giuseppe perdona i propri fratelli, che lo avevano venduto schiavo (Gen. 37,12-36). Chi crede in Dio è disposto a perdonare chi gli ha fatto del male perché riconosce di essere stato perdonato lui stesso e perché colloca il torto subito nella prospettiva del piano di Dio. Non si tratta di perdonare alla leggera, il perdono può essere doloroso, a volte, come nel caso di Giuseppe, ci possono volere anni e la possibilità di vedere le conseguenze positive che Dio ha saputo tirar fuori dalla malvagità umana, ma collocando la propria esistenza all’interno del piano di Dio perdonare è possibile. In secondo luogo, il credente realistico e fiducioso può essere all’opera confidando che la propria azione entrerà a far parte del piano di Dio e da questo riceverà senso e utilità. Il comportamento di Giuseppe volto a sopravvivere il meglio possibile nel paese straniero in cui era stato deportato si rivelerà determinante per la sopravvivenza del popolo di Dio. Non è affatto facile comprendere il senso della nostra azione dal punto di vista di Dio; a volte riusciamo a farlo solo a posteriori, altre volte restiamo nel dubbio, ma credere che Dio dà senso a quello che noi facciamo ci dà una grande forza ed efficacità, anche se non riusciamo a cogliere con chiarezza questo senso. In momenti di crisi come quello attuale questa fiducia può fare la differenza tra l’impegno e la rassegnazione, tra l’isolamento e la solidarietà.
Voglia il Signore renderci capaci di vivere il momento attuale, e l’intera nostra esistenza all’interno del suo progetto di salvezza, per noi e per il mondo intero.
Amen.

Daniele Bouchard

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