Io aspetto il SIGNORE, l'anima mia lo aspetta;
io spero nella sua parola.
L'anima mia anela al Signore
più che le guardie non anelino al mattino,
più che le guardie al mattino.
O Israele, spera nel SIGNORE,
poiché presso il SIGNORE è la misericordia
e la redenzione abbonda presso di lui.

Salmo 130, 5-7

 

Care sorelle, cari fratelli,
 
il periodo d'Avvento, al quale ci avviciniamo, è un tempo dedicato a riscoprire, imparare e vivere l'attesa. É uno spazio sottratto alle regole del mondo, al suo tempo frenetico. Sottratto alla corsa per fare tutte quelle cose necessarie perché il mondo continui a restare quello che è, perché gli ingranaggi continuino regolarmente a girare. L'Avvento è il momento di una scelta inusuale e controcorrente: fermarsi ad aspettare, lasciando che il mondo corra dove gli pare, spingendo invece lo sguardo ad intravedere il Regno di Dio che avanza in senso contrario, verso di noi.
 
In questo momento sembra che ogni briciola della nostra vita debba essere dominata dall'ansia per la crisi, che tutti dobbiamo correre all'impazzata per risalire una scala mobile che sembra finire nel vuoto. L'Avvento è il momento di fare la pazzia di scendere dalla scala, sedercisi accanto, cancellare le immagini tetre del tramonto dell'occidente e lasciarci raggiungere dai primi raggi del giorno che Dio fa sorgere per la creazione. Riscoprire l'attesa è guardare al futuro non con l'ansia o la falsa fiducia per il fatto che tutto dipenda da noi, ma sapere che, da qualche parte, Dio ha preparato il suo piano di salvezza per noi. Riscoprire l'attesa è imparare la speranza per sé e per il mondo. Vivere l'Avvento significa entrare in comunione con chi nell'oggi è rimasto senza possibilità e forze per cambiare la propria situazione, a cui non resta altro che sperare in un futuro migliore, di liberazione, guarigione, salvezza. Significa dunque che c'è chi spera ardentemente insieme a loro, chi presta parole e gesti alla loro speranza, chi la alimenta quando si fa troppo flebile. Nell'Avvento possiamo imparare ad essere ciò che siamo chiamati a diventare come cristiani: una comunità che, anche nella notte più fredda,  insieme si riscalda e si sostiene in attesa del mattino, che dice al mondo che quel mattino atteso certamente verrà.
 
È un bene che questo periodo sia all'inizio dell'anno liturgico, quando le nostre attività sono ormai avviate, così da mettere l'anno che ci aspetta nella luce della speranza. Tutto il nostro impegno, il lavoro, i momenti di arricchimento, le soddisfazioni e anche le difficoltà da gestire, acquistano così il giusto significato. Il comune lavoro al quale siamo chiamati per la cura della Chiesa si libera così dalle nostre ansie e frustrazioni: i numeri che diminuiscono, le finanze che scricchiolano... Il nostro impegno, la nostra responsabilità e anche le nostre contribuzioni rimangono necessari e doverosi, come se tutto dipendesse da noi; ricordandoci, allo stesso tempo, della nostra finitezza e che tutto dipende, in realtà, da Dio. La speranza è nella misericordia e nella redenzione che abbondano in lui, non nelle nostre capacità.
 
Un piccolo esempio di speranza che è bello condividere con le nostre chiese, è quello che abbiamo vissuto al “Campo in Toscana” della Federazione Giovanile Evangelica Italiana (FGEI), dedicato proprio al tema della crisi attraverso l'immagine dell'attesa del mattino. Aspettando la partecipazione di una ventina di persone, ricevendo poi l'iscrizione di una quindicina scarsa, si è proceduto nell'organizzazione come sempre si sarebbe fatto; a Casa Cares ci siamo ritrovati in trentacinque a discutere di come guardare insieme al di là della notte. Frutto della dedizione dei giovani che hanno lavorato per il campo, dell'aiuto ricevuto dalle chiese, ma soprattutto benedizione per entrambi e bel segno, controcorrente, di speranza. Esagerato cercare in qualcosa di così piccolo i segni dell'azione di Dio? L'attesa speranzosa dell'Avvento è quella dell'intervento del Dio tanto grande da poter diventare piccolo quanto un bambino appena nato.
 
Marco Fornerone

 

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