Dunque, se ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto,

sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare;

poiché tutta la terra è mia;

e mi sarete un regno di sacerdoti, una nazione santa.

Esodo 19: 5 – 6

 

 
Care sorelle, cari fratelli,
 
non parliamo di sacerdozio. Dei sacerdoti cattolici abbiamo le tasche piene e non riusciamo a spiegare alle persone che si avvicinano alle nostre chiese, che cosa è il sacerdozio universale; pensano subito che con il sacerdozio universale possono salire sul pulpito e fare i pastori. Forse meglio evitare il concetto del tutto. O forse meglio di no?
 
In Esodo 19, prima che venga raccontata l’istituzione del sacerdozio particolare dei discendenti di Aronne, prima che nasca l’istituzione religiosa con luoghi sacri e funzionari addetti al culto, Dio chiama tutto il popolo d’Israele ad essere “un regno di sacerdoti, una nazione santa”. Eppure il testo ricorda che Dio è il Signore di tutta la terra, non soltanto il Signore d’Israele. Allo stesso modo, la Prima Lettera di Pietro (cap. 2:9) chiama la Chiesa di Gesù Cristo “una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato”.
 
Che cosa fa del popolo d’Israele un regno di sacerdoti? Che cosa trasforma la Chiesa di Gesù Cristo in un sacerdozio regale? La risposta è semplice: il patto, la relazione particolare con Dio, la relazione che Dio ha creato e reso possibile. Per fare il patto con il popolo d’Israele al Monte Sinai, Dio ha dovuto liberare il popolo d’Israele dalla schiavitù in Egitto; per poter fare il nuovo patto con noi in Gesù Cristo, ci ha dovuto liberare dalla schiavità del peccato e della morte; Dio, cioè, ha dovuto restituirci la libertà, affinché potessimo essere il soggetto libero con cui stringere il patto.
 
Ma il patto, la relazione reciproca e libera con Dio, la prospettiva di salvezza in cui il patto ci colloca, non è soltanto un privilegio, ma al tempo stesso un compito, il compito di essere un regno di sacerdoti in mezzo agli altri popoli, di essere i sacerdoti dell’umanità. Qui tocchiamo il difficile tema della missione del popolo degli ebrei nell’umanità che, come ci insegna la storia, ha messo questo popolo in una posizione difficile in mezzo agli altri. Come regno di sacerdoti deve far conoscere agli altri popoli il Dio che vuole la libertà reciproca della relazione e al tempo stesso la fedeltà al patto (che non è cieca ubbidienza, ma la risposta dell’amore), deve essere il luogo privilegiato dell’incontro con Dio. Nella relazione con Israele gli altri possono incontrare Dio.
 
Le culture del mondo, forse in modo particolare quella cristiana, hanno sempre avuto difficoltà nell’accettare questa particolare missione del popolo degli ebrei, e gli ebrei ne hanno pagato le conseguenze. Ma se prendiamo sul serio le affermazioni della Prima Lettera di Pietro, ci rendiamo conto che la Chiesa di Gesù Cristo, il popolo del nuovo patto, ha la stessa pretesa, la stessa missione di essere un sacerdozio regale per l’umanità, cioè di far conoscere agli altri il Dio del nuovo patto in Gesù Cristo. È questa la missione della Chiesa di Gesù Cristo.
 
La domanda è: in che modo compiamo questa missione? Cercando di imporci con la forza, di trasformare tutta la terra in un mondo cristiano, un unico regno di sacerdoti? O rallegrandoci di essere il sale che alla vita della terra dà il gusto della speranza e della promessa?
 
Klaus Langeneck 

 

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