Detto questo, Gesù soffiò su di loro e disse:
“Ricevete lo Spirito Santo.
A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati;
a chi li riterrete, saranno ritenuti.”

(Giovanni 20,22s)

 

Care sorelle, cari fratelli,

una Chiesa senza Spirito Santo è impensabile, perché la Chiesa nacque e rinasce sempre nuovamente dall’opera dello Spirito Santo, come testimonia il racconto di Pentecoste in Atti 2 o i due versetti citati sopra della conclusione dell’Evangelo di Giovanni. Ma che cosa fa lo Spirito Santo? Compie miracoli? Fa parlare nella lingua degli angeli? Conferisce potere (il potere delle chiavi)? Rende infallibilmente veri i pronunciamenti e gli insegnamenti della Chiesa? Osservando le prime mosse del nuovo Papa, dalla scelta del nome fino ai primi gesti con cui ha iniziato a tessere il suo ruolo nel mondo cattolico e non, mi chiedo: L’elezione del nuovo Papa nel recente conclave è opera dello Spirito Santo o il calcolo del ragionamento umano sulle necessità della grande organizzazione cattolica?

Lo Spirito Santo è l’amico intimo della sana intelligenza umana. Questa affermazione, attribuita a Karl Barth, piace molto a noi protestanti. Lo Spirito Santo non è la forza che ci fa compiere miracoli, nel senso di cose razionalmente o scientificamente inspiegabili, l’azione dello Spirito Santo è il vero miracolo della comunicazione tra Dio e noi, tra la Parola di Dio contenuta nella Bibbia e noi come ascoltatori o lettori; lo Spirito Santo usa per questo scopo l’intelligenza e le altre capacità di noi esseri umani. Lo Spirito Santo non ha bisogno del miracolo per manifestare la sua presenza o per provare l’esistenza di Dio.

Questa convinzione è legato alla fede nell’incarnazione del Figlio di Dio in Gesù di Nazareth all’affermazione sul ruolo dello Spirito Santo di essere il curatore e il comunicatore della verità rivelata in Gesù Cristo, nell’assenza di Gesù Cristo. Dio non si è rivelato in un essere miracoloso, ma nell’uomo di Nazareth, nell’uomo che i romani hanno potuto uccidere, come avrebbero potuto uccidere ognuno di noi. Certo Gesù ha compiuto dei miracoli, ma non sono i miracoli che trasformano Gesù nel Figlio di Dio, ma al contrario, i miracoli sono avvenuti, perché egli era/è il Figlio di Dio. Il vero miracolo è che Dio è diventato uomo in Gesù di Nazareth, che in lui si sono mescolato Creatore e creatura, vero Dio e vero uomo, che è stato rotto il tabù che regge tutto il discorso della Scrittura ebraica, su cui in seguito è stata innestata la Scrittura Apostolica.

Dobbiamo decidere per la nostra fede, se Gesù Cristo è un evento unico e irrepetibile nella storia umana, o l’inizio di un’era in cui possiamo mescolare allegramente divino e umano come ci piace. Per me come protestante, Gesù Cristo è un evento unico e irrepetibile; dopo la risurrezione di Gesù Cristo, fino al momento che nel Regno dei cieli Dio sarà tutto in tutti (I Corinzi 15,28), ritorna in vigore la netta distinzione tra Creatore e creatura, tra Dio e uomo, perché il non rispetto di questa separazione produce, come ci insegnano la Scrittura e l’esperienza, idolatria.

Come protestante non escludo il miracolo. Se Dio nella sua libertà decide di intervenire attraverso un’azione miracolosa, ben venga. Ma non la ricerco. La fede in Dio e la ricerca del miracolo come prova dell’esistenza di Dio sono due cose totalmente diverse, in un certo senso opposte. La ricerca del miracolo è sfida di Dio, incertezza, velata mancanza di fede. Se la fede nel Dio che si è rivelato nell’uomo Gesù di Nazareth non regge senza miracolo, è una povera cosa.

Al contrario, mi sembra una bellissima cosa pensare un Dio che conti sulle capacità della sua creatura redenta, che usi le nostre capacità, la nostra intelligenza, i nostri sentimenti, la nostra teologia, la nostra ricerca per compiere il miracolo che la sua verità rimane viva in mezzo a noi e ci rende liberi (nel senso dell’Evangelo).


Klaus Langeneck 

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