Se crediamo che Gesù morì e resuscitò, crediamo pure che Dio, ma anche la nostra stessa vita, per mezzo di Gesù, ricondurrà con lui quelli che si sono addormentati. 
(1 Tessalonicesi 4,14)

 

 

 

Cari fratelli e care sorelle,

lo straordinario annuncio di Natale è che Dio si è incarnato in Gesù Cristo, il Creatore ha legato inseparabilmente la propria esistenza a quella delle sue creature. Si tratta di un'esperienza che cambia la vita. Cambia la nostra vita, perché possiamo sentire la vicinanza di Dio e incontrarlo nelle nostra vita di tutti i giorni, ma cambia anche la vita di Dio stesso, che non vivrà più per conto proprio, nell'alto dei cieli, bensì parteciperà pienamente, “dall'interno”, alle vicende umane. La venuta di Dio in Gesù Cristo in mezzo agli esseri umani, annullando la distanza che ci separa, rappresenta un vero salto di qualità nella relazione tra lui e noi.

Questo legame inseparabile tra l'Illimitato e i limitati è qualcosa di mai visto, di rivoluzionario, di sconvolgente: l'Altissimo si è totalmente abbassato, l'Onnipotente ha sperimentato l'impotenza, la Rocca ha vissuto la fragilità. L'annuncio di Natale stravolge schemi e gerarchie, e fa anche saltare la differenza più evidente tra Creatore e creature: il fatto che Uno sia immortale e gli altri mortali.

Questo avviene attraverso due passaggi. Prima l'Immortale si è fatto mortale – è l'annuncio del Natale – ma potremmo anche dire che l'Immortale è morto, sulla croce del Golgota – e questo è l'annuncio del Venerdì santo. Il secondo passaggio, reso possibile dal primo, è che Colui che è morto è poi resuscitato – l'annuncio di Pasqua - l'Immortale, che era morto, si è risvegliato a nuova vita. In Gesù Cristo Dio si trasforma da Immortale (Colui che non muore) a Risorto (Colui che è morto ed ha inaugurato la Nuova Vita).

Detto dal punto di vista umano, prima in Gesù Cristo Dio si è avvicinato a noi fino a diventare uno di noi, arrivando a morire come noi, poi, sempre in Gesù Cristo, Dio ci ha uniti a sé, nel modo più profondo, fino a inaugurare una Nuova Vita nella quale vivremo totalmente inseparabili. Nella lettera ai Romani Paolo descrive questo processo come morire e resuscitare con Cristo (Rom. 6,3 e sgg.). Questa espressione chiarisce che il legame inseparabile che Dio stabilisce con noi in Gesù Cristo non ci risparmia l'esperienza della morte, ma elimina il potere della morte di separarci. A questo stesso fatto alludono le espressioni “con lui”, “insieme”, “incontrare” che costituiscono il filo conduttore di 1 Tessalonicesi 4,13-18.

In Gesù Cristo la morte resta dolorosa, a volte terribile, ma diventa un passaggio della nostra relazione con Dio. Resuscitando, Gesù Cristo inaugura la Nuova Vita, che egli vive per noi e con noi, un ulteriore passaggio della nostra relazione con Dio, un passaggio che per ora dobbiamo accontentarci di pregustare.

Il cuore del messaggio cristiano non è consolatorio. Perché Dio incarnandosi non mette fine alla tragicità della vita, al contrario, sceglie di viverla, fino in fondo, e questo può essere per noi infinitamente inquietante. E tuttavia, avere un Dio che condivide la nostra condizione di sofferenza può essere fonte di profonda consolazione.

Come dicevamo all'inizio, il messaggio dell'incarnazione può spaventare, ma può anche entusiasmare, può sconvolgere ma anche coinvolgere; si tratta, come dice Paolo qualche versetto più avanti (5,8), di accoglierlo con fede, speranza e amore: fede nel senso di fiducia in Dio, speranza in Gesù Cristo, nella Nuova Vita che egli inaugura per noi, l'amore con cui Dio ci ama in Gesù Cristo e col quale si aspetta che noi amiamo lui, sempre per mezzo di Gesù Cristo.

Sia ringraziato il Signore che è venuto a vivere la nostra vita affinché noi potessimo vivere la Sua Vita. Amen.

 

Daniele Bouchard

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