Settembre 2023  

 

Siate santi perché io, il Signore vostro Dio, sono santo.
Amerai il prossimo tuo come te stesso. Io sono il Signore
 (Levitico 19,2.18)


Care sorelle e cari fratelli,

la vita dei e delle credenti è fatta di azioni, di comportamenti, di scelte, la fede è una dimensione che si intreccia con tutte le altre dimensioni della nostra vita. Nel capitolo 19 del Levitico questo concetto è sottolineato intervallando una serie di comandamenti con la dichiarazione solenne “Io sono il Signore”: dovete comportarvi secondo certi criteri – dice il Dio d’Israele – perché “io sono il Signore, il vostro Dio”.

“Siate santi – è l’esordio – perché io, il Signore vostro Dio, sono santo” (v. 2); cioè ispiratevi a me, lasciatevi coinvolgere facendo le cose che io vi comando. E tra i comandamenti che aprono la serie c’è non a caso la richiesta di osservare il sabato (v. 3), comandamento che mette insieme l’esigenza della fede (dobbiamo santificare il sabato perché Dio lo ha fatto per primo) con quella dell’equità sociale e del rispetto per le altre specie (anche i lavoratori e gli animali domestici devono riposarsi il sabato). La richiesta di non rivolgersi agli idoli, che segue immediatamente, avanza la pretesa di Dio di essere l’unico centro della nostra vita, l’unico criterio delle nostre azioni. Seguono dei comandamenti sulla corretta celebrazione del culto, che deve esprimere in modo chiaro chi è Dio (vv. 5-8) e poi una serie di comandamenti sociali. Dio ordina di non raccogliere tutto ciò che cresce nei campi in modo che ne resti per chi non ha altra fonte di sostentamento (vv. 9-10), un’esigenza di solidarietà sociale e insieme di rispetto per la terra. Il fatto che segua immediatamente l’ordine di non rubare (v. 11), rinforza quello precedente chiarendo che sia l’accaparramento di ogni risorsa sia lo sfruttamento della terra sono una forma di furto.

Poco dopo (v. 13) il mancato o ritardato pagamento dei lavoratori è anch’esso definito come furto e come forma di oppressione.

Già in epoca antica, il Signore aveva un occhio di riguardo per i disabili (v. 14), esigeva l’imparzialità del sistema giudiziario (v. 15) e condannava ogni forma di diffamazione e di discorso d’odio (v. 16; allora si trattava di “andare qua e là” per i villaggi, oggi andiamo qua e là sui social network, ma la sostanza non cambia, i mezzi più potenti accrescono soltanto gli effetti distruttivi delle nostre parole).

Il capitolo culmina ai versetti 17 e 18, nei quali il Signore riconosce il diritto/dovere di critica chiedendo al tempo stesso che esso venga esercitato senza odio, né rancore, né spirito di vendetta. In questo contesto il famoso comandamento di amare il prossimo come se stessi (v. 18b) acquisisce concretezza: gestisci i conflitti nei quali ti trovi inevitabilmente coinvolto con amore per il prossimo, anche quando si trova dall’altra parte della barricata. La motivazione è ancora una volta “Io sono il Signore”. Amare il nostro prossimo non è un’attenzione che si può avere o meno, è costitutivo dell’essere credenti.

Che il Signore, il nostro Dio, il Santo, ci dia di onorarlo nel concreto della nostra vita quotidiana.

Amen.

 Daniele Bouchard

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