Febbraio 2024 

 

Naaman tornò con tutto il suo seguito da Eliseo,
andò a presentarsi davanti a lui, e disse: «Ecco, io riconosco adesso
che non c'è nessun Dio in tutta la terra, fuorché in Israele»
 (2 Re 5,15a)


Care sorelle e cari fratelli,

la bella storia di Naaman il Siro (2 Re 5) contiene una forte critica all’etnocentrismo, la tendenza a giudicare le diverse culture mettendo la propria al centro. Il racconto critica quella visione secondo la quale i confini tra una nazione e l’altra sono netti e invalicabili, e la propria è considerata superiore alle altre.

Innanzitutto vediamo il Dio di Israele aiutare l’esercito siriano (addirittura contro Israele stesso), poi abbiamo la ragazza israelita fatta schiava dai siriani che non esita ad aiutare il suo padrone; e lui accetta il consiglio di una donna, giovane, serva e straniera, che per giunta gli suggerisce di rivolgersi a un guaritore straniero. Il generale siriano viene guarito dalla sua malattia, ma contemporaneamente anche dal suo senso di superiorità, dalla convinzione che i fiumi del suo Paese siano superiori agli altri, addirittura arriva a riconoscere che un Dio straniero lo ha guarito e si convince che sia l’unico Dio (v. 15). Naaman è guarito anche dall’idea che i confini tra i popoli, le culture, le religioni siano impermeabili: si ripropone di adorare il Dio di Israele in Siria, e chiede il permesso di praticare occasionalmente un’altra religione. Se riflettiamo sul fatto che la pelle è il confine del nostro corpo, Naaman era ammalato al suo confine personale e il Dio d’Israele l’ha guarito anche dalla sua visione malata dei confini tra i popoli e le nazioni. Tutto ciò è ben simboleggiato dai due asini carichi di terra d’Israele che Naaman si porta in Siria, contaminando tra loro le due terre.

Questo racconto di guarigione ha lo scopo di guarire le sue lettrici e i suoi lettori dal loro etnocentrismo, dal nazionalismo, dal bisogno di separare culture, popoli e religioni e stabilire una gerarchia tra di esse. La storia dell’Europa – come quella di molte altre culture – è fortemente segnata dall’etnocentrismo, dal nazionalismo, dal senso di superiorità collettiva, al proprio interno e nei confronti degli altri continenti. La forma più duratura di etnocentrismo europeo è l’antisemitismo. Fin dal medio evo la cristianità europea ha dato agli ebrei il ruolo dei diversi, da separare, controllare, maltrattare, uccidere e da utilizzare periodicamente come capro espiatorio, cui addebitare la colpa delle più varie disgrazie. L’antisemitismo è stato costantemente alimentato dalle diverse chiese cristiane ed è stato spesso giustificato teologicamente. Lo sterminio nazista – che abbiamo ricordato il 27 gennaio – è stato il culmine di questa storia di persecuzione nei confronti degli ebrei in Europa. Un culmine spaventoso e unico per la quantità di persone uccise, per il progetto di cancellare totalmente l’esistenza del popolo ebraico (realizzata in larga parte) e per la sistematicità nella sua esecuzione. Ma non può e non deve essere considerato un fatto isolato. Senza mille e più anni di antisemitismo cristiano non sarebbe stato pensabile.

Leggere la storia di Naaman per noi oggi significa – tra le altre cose - ricevere una condanna da parte di Dio verso l’antisemitismo in tutte le sue forme. E comporta il compito di annunciare questa condanna, senza se e senza ma. In quanto cristiani la Scrittura ci chiama a riconoscere il contributo dato dal cristianesimo all’antisemitismo e impegnarci a decostruirlo pezzo per pezzo. Nell’attuale momento storico combattere l’antisemitismo è particolarmente necessario perché negli ultimi mesi ha subito una grave recrudescenza. Dobbiamo esprimere la nostra solidarietà ai fratelli e alle sorelle ebree, e dobbiamo farlo pubblicamente perché l’antisemitismo si è un fenomeno pubblico.

Per evitare ogni ambiguità, è necessario distinguere tra antisemitismo – l’attacco verbale o fisico verso persone o istituzioni religiose e culturali ebraiche – e critica all’operato dello Stato di Israele. Israele è uno Stato sovrano e, benché la sua esistenza sia importantissima per gli ebrei nel mondo, non va mai confuso con l’ebraismo in quanto tale. Israeliano non è sinonimo di ebreo. L’operato dello Stato di Israele e delle sue istituzioni può naturalmente essere oggetto di critica, come quello di qualunque Stato, ma il loro operato non va mai attribuito agli ebrei in quanto tali. Ringraziamo il Signore che ci mette in guardia dall’etnocentrismo e dalle sue nefaste conseguenze. E chiediamogli di sostenerci nella liberazione da ogni forma di odio nei confronti del popolo d’Israele, nostro fratello maggiore nella fede.
Amen.

 Daniele Bouchard

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