Nel 1859, dopo la partenza del Granduca, gli evangelici toscani possono uscire dalla clandestinità. Riguardo alle religioni, lo statuto del Governo Provvisorio Toscano (lo stesso del 1848) all'articolo 1 diceva: “La religione cattolica, apostolica e romana è la sola dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono permessi conformemente alle leggi”. L'articolo 2 continuava dicendo: “I Toscani, qualunque sia il culto che esercitano, sono tutti eguali al cospetto della legge, contribuiscono indistintamente agli aggravi dello Stato in proporzione degli averi, e sono tutti egualmente ammissibili agl'impieghi civili e militari.” Con l'annessione al regno di Piemonte e Sardegna entra in vigore lo Statuto Albertino, che parla di religioni solo all'articolo 1, che recita: "La religione cristiana cattolica apostolica romana è la religione dello Stato; gli altri culti ora esistenti sono tollerati secondo le leggi". Nessuno dei due statuti parla di vera e propria libertà religiosa e, soprattutto, nessuno dei due parla di diritto al proselitismo o ad avere luoghi pubblici di culto. Gli evangelici italiani, tuttavia, si comportano come se quei diritti fossero già garantiti dalle leggi dello stato. Con questa scelta, si espongono a numerose azioni promosse dagli ambienti più ostili alla presenza di un pluralismo religioso in Italia. A vantaggio degli evangelici gioca però il fatto che all'epoca le massime autorità dello stato hanno idee nettamente liberali, per cui molte controversie terminano in maniera favorevole agli evangelici.
Con l'uscita dalla clandestinità, gli evangelici pisani iniziano a tenere riunioni regolari prima in casa dell'editore Tellini, poi in sale vere e proprie, prima in via Mercanti e poi in via Cereria (l'asse di via Volta e via Derna). L'opera di evangelizzazione è svolta principalmente da Antonio Gambaccini, originario di Pontedera, e da un americano cieco chiamato Rovillo.
Si sente anche il bisogno della presenza in città di un pastore/evangelista, ossia di qualcuno che abbia la preparazione necessaria per mettersi alla guida di una comunità in formazione. Nel 1860 Tito Chiesi e Robert W. Stewart, pastore della Chiesa Libera di Scozia di Livorno, si rivolgono al Comitato di Evangelizzazione perché invii un pastore stabile a Pisa. In risposta, il Comitato dapprima fa seguire Pisa dal pastore di Livorno, Giovanni Ribetti, che tuttavia poteva assicurare solo visite saltuarie e poi, all'inizio del 1861, assegna a Pisa un giovane pastore, Jean Pierre Salomon Michelin.
La permanenza di Salomon a Pisa fu breve e travagliata. Il rapporto inviato nel 1861 al Sinodo Valdese dal Comitato di Evangelizzazione parla di preesistenti rivalità “fra quelli che dicevano di sentire il bisogno di trovarsi insieme per leggere, meditare la parola e pregare e quelli che preferivano polemizzare”, che sarebbero degenerate con l'arrivo del pastore. Pur mancando informazioni più chiare sulle cause del fallimento del primo pastore residente, è facile immaginare che in quel tempo per un giovane giunto da poco in Toscana dopo essere cresciuto alle Valli l'inserimento nella comunità evangelica pisana fosse tutt'altro che facile, anche perché i Valdesi del tempo, pur con tutto il loro entusiasmo per la nascita del nuovo Stato italiano, erano prevalentemente legati al modo culturale francese. Sul numero del 1 marzo 1862 della rivista inglese "The Revival", sono riportati alcuni particolari sull'episodio di Salomon, preceduti da una drastica considerazione sull'inadeguadezza dei Valdesi nell'opera dell'evangelizzazione dell'Italia: "Ma, per quanto possa essere eccellente il carattere di singoli pastori e per quanto questa antica chiesa sia degna di venerazione e rispetto, i pastori valdesi in generale non risultano accettabili agli Italiani. Fra i Protestanti è stato a lungo accarezzato il sogno che questa chiesa perseguitata fosse stata miracolosamente preservata per diffondere il seme del vangelo per tutta l'Italia, ma l'osservazione e l'esperienza hanno in gran parte spento queste speranze seducenti, e dimostrato che gli strumenti più utili per la conversione dell'Italia sono gli stessi Italiani. L'ultimo dei pastori valdesi che predicò a Pisa all'improvviso lasciò il suo gregge a causa della sua antipatia per un individuo e aprì un luogo di culto rivale; questo passo sconsiderato portò con sé conseguenze disastrose. La nuova sala, che era al pian terreno, era un'opportunità troppo  tentatrice per i Cattolici Romani che desideravano manifestare i loro spiriti intolleranti; ruppero le finestre e terrificarono e dispersero i pochi che avevano seguito il giovane pastore, al punto che in poco tempo questi fu obbligato a lasciare del tutto Pisa". Alltre fonti confermano la rivalità fra Salomon e Gambaccini, che aveva continuato a guidare le riunioni della comunità pisana, negando l'uso dei locali al nuovo pastore, inducendolo ad affittare una nuova sala in Lungarno. La situazione degenerò al punto che, già all'inizio del marzo 1861, il Comitato ritenne opportuno sospendere l'opera a Pisa, inviando Salomon altrove, “dove il suo zelo e il suo amore per la salvezza delle anime siano meglio accolti ed apprezzati”.
Segue un periodo di due anni abbondanti di assenza di relazioni fra la comunità evangelica di Pisa ed il Comitato di Evangelizzazione della Chiesa Valdese. Solo nella seconda metà del 1863 Pisa ricomincia ad essere seguita da Matteo Prochet (che poi sarà presidente del Comitato di Evangelizzazione dal 1871 al 1905) e da Giovanni Ribetti, rispettivamente pastori a Lucca e Livorno.
Pochi giorni dopo la partenza di Salomon, il 24 marzo 1861, domenica delle Palme, in città ci furono gravi disordini. Lorenzo Poggi, un evangelico pisano, stava portando il suo figlio appena nato alla sala di culto per il battesimo, quando vicino a Porta a Mare la sua carrozza fu assalita da un gruppo di scatenati e il bambino gli fu portato via, per essere prima battezzato nel Duomo e poi ricoverato in un “ospedale dei trovatelli”. Sistemato il bambino, i manifestanti assalirono la sala di culto, dove si trovavano in preghiera circa quaranta persone. Per sedare la rivolta e salvare gli evangelici fu necessario l'intervento dei carabinieri e della guardia nazionale. Lord Vernon, un inglese rimasto intrappolato nella sala di culto, raccontò l'episodio nelle sue memorie, scritte nel 1906. L'episodio è riportato, con meno particolari, anche nel già citato numero del 1 marzo 1862 della rivista inglese "The Revival".
Dopo il fallimento del tentativo valdese, la persona che più si impegna per trovare una soluzione è Maria Young, moglie di Robert Young, un pastore della Chiesa Scozzese. Maria si trovava a Pisa perché molto interessata all'evangelizzazione dell'Italia ed agli studi storici sulla Riforma in Italia nel XVI secolo. Suo è il libro "The Life and Time of Aonio Paleario". La signora Young riesce ad ottenere l'invio di un nuovo pastore rivolgendosi alla Chiesa Cristiana Libera. In quel periodo, personaggi di spicco della Chiesa Cristiana Libera erano Luigi De Sanctis, Bonaventura Mazzarella e Alessandro Gavazzi, ma anche, nonostante la loro diffidenza verso qualunque struttura ecclesiastica, Piero Guicciardini e Teodorico Pietrocola Rossetti. Ai primi di agosto 1861 arriva così il pastore Luigi Tecchi, che è bene accolto dalla comunità ma che muore nel luglio 1862. Il successore di Tecchi, anch'egli formatosi nella Chiesa Cristiana Libera, è Paolo De Michelis, che arriva a Pisa l'8 novembre 1862 e vi resterà per circa un ventennio.
Sempre nel 1862 viene costruita, grazie all'impegno finanziario di Maria Young ed ai contributi da lei raccolti anche all'estero, la chiesa di Via Derna 13 (allora Via Cereria e successivamente Via del Museo). All'inaugurazione,  avvenuta il 28 dicembre 1862, presiede Paolo De Michelis.
Nonostante le ottime qualità personali di Paolo De Michelis, le divergenze interne al gruppo pisano non si placano. Alcuni, fra cui Maria Young e Tito Chiesi, decidono di ritentare l'inserimento nella Chiesa Valdese, per cui nell'autunno 1863 Pisa torna ad essere visitata periodicamente dai pastori valdesi. Da questa scelta consegue il passaggio della chiesa di Via Derna dalla Chiesa Cristiana Libera alla Chiesa Valdese: pare che ciò sia potuto avvenire per semplice decisione della signora Young, che formalmente era la proprietaria degli edifici. Nel rapporto al Sinodo del Comitato di Evangelizzazione valdese c'è solo un laconico “ci è stato concesso l'uso dei locali della chiesa, che è stata costruita recentemente, si farà la stessa cosa con le aule scolastiche che saranno completate fra poco”. Alla sua morte, avvenuta nel 1867, la signora Young lasciò in eredità i locali alla Tavola Valdese. La Chiesa Cristiana Libera pisana dovette cambiare sede, spostandosi in Via del Piaggione17 (l'attuale Via Giovanni Bovio).

 

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